giovedì 3 gennaio 2019

Per ora

Quando torna a casa, dopo il compleanno di Maximilian, dopo il capodanno, dopo l'augurio di buon anno più falso e meno sincero che abbia mai fatto perché la speranza che lo sia, un buon anno, non ce l'ha. Non crede che lo sarà. Non pensa che il Mondo sia sulla via della salvezza. Non pensa che sopravviverà.

Lascia a Max fare il padre. Lascia che siano braccia forti e cuore coraggioso e schiena dritta a mettere a letto i propri figli.

Lei corre in bagno, lascia scorrere l'acqua del rubinetto e si prende giusto un po' di tempo per dare di stomaco ansia e frustrazione che le stavano marcendo dentro.

Ha dentro di sé un germe invidioso che cerca di scacciare accendendo il tablet, il suo regalo di Natale, con la voce del suo (quasi) marito a dirle che la ama e poi tutti i frammenti della propria storia, della loro, di Philadelphia e degli Stati Uniti che scorre in sottofondo. E allora quell'invidia diventa ancora più aliena, straniante.
Gli umani possono bere.
Gli umani non hanno documenti infamanti.
Gli umani sono criminali solo per scelta non per nascita.
Gli umani possono fare bambini che non vengono chippati.
Gli umani possono sposarsi. E non essere destinati ad un quasi infinito.

Invidia Andrea: quello che potrà fare senza problemi una volta che avrà dato alla luce suo figlio. Quello che a lei è negato.
Invidia di quel bambino ancora non nato tutto quello che potrà essere e decidere di sé stesso mentre vede i propri figli condannati ad essere qualcosa di diverso, anche solo per essere suoi figli, per crescerli come hanno deciso di crescerli. Perché Johnny porterà sempre con sé il trauma di chi l'ha abbandonato, con ferite che nonostante i suoi poteri non guariranno mai, perché Zoe sarà sempre troppo uguale a lei per trovare il suo giusto posto in questa realtà ed Iris Jr troppo intelligente per essere felice e privata dei diritti che dovrebbe avere perché porta i loro nomi e James che pensa già di dover usare i propri poteri per portare bene nel mondo ma nel modo c'è a mala pena l'amore. E Olympia che è nata e cresce clandestina e la sua vita non esiste per nessun altro che non per la sua famiglia. E per quel bambino che ancora non esiste se non nell'immaginario e nei lapsus dei suoi genitori e che se diventasse un'anima, un'anima proprio adesso forse avrebbe quello stesso seme arrabbiato e malevolo e oscuro che sua madre si tiene dentro senza dirlo.

In quell'invidia, in quell'invidia verso quello stesso popolo tanto protetto e biasimato tanto amato e odiato tanto guidato e osteggiato, c'è la vera ripugnanza di sé stessa. Perché quando si trova Jamia davanti, non desidera intimamente la sua stessa sorte. E' un ritorno all'antica sé stessa, al bisogno di comandarli e comandarli tutti, di non essere più umana, di non avere più niente di umano, di impedire il libero arbitrio che condanna la sua vita e impedisce a lei di scegliere, quel libero arbitrio per cui sono tanto fortunati che permette loro di giudicarla e di condannarla e di commettere quegli sbagli che hanno imputato a lei solo per chiamarli miracoli quando sono loro a farli.

Ma...

Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé, quella che si è superata, un antico sé stesso. Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi. Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte.

E allora lascia che le parti di sé si diano battaglia, per tutto il tempo in cui fa l'amore con quello che non si farà dire che non è suo marito solo perché per questa Terra non lo è ma cercherà in ogni modo di farsi che lo sia, per tutto il tempo dei propri incubi fino a quando non è la voce di Zoe a richiamarla.
Mi lavo i denti in bagno,
ho un bagno.
Ho i denti.
Ho una figlia che canta
di là dalla parete.
Ho una figlia che ha voglia di cantare
e canta.
Può bastare. (*)

... Per ora.