giovedì 14 gennaio 2016

  Io - un adolescente?
    Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,
    dovrei salutarla come una persona cara,
    benché mi sia estranea e lontana?
    Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
    per la sola ragione
    che la nostra data di nascita è la stessa?
    
    Siamo così dissimili
    che forse solo le ossa sono le stesse,
    la calotta cranica, le orbite oculari.
    Perché già gli occhi è come fossero più grandi,
    le ciglia più lunghe, la statura più alta
    e tutto il corpo è fasciato
    dalla pelle liscia, senza un’imperfezione.
    
    In verità ci legano parenti e conoscenti,
    ma nel suo mondo di questa cerchia comune
    sono quasi tutti vivi,
    mentre nel mio quasi nessuno.
    

    Siamo così diverse,
    i nostri pensieri e parole così differenti
    Lei sa poco –
    ma con un’ostinazione degna di miglior causa.
    Io so molto di più
    ma non in modo certo.

    
    Mi mostra delle poesie,
    scritte con una grafia nitida, accurata,
    con cui io non scrivo più da anni.
    Leggo quelle poesie, le leggo.
    Be’, forse quest’unica,
    se fosse accorciata
    e corretta qua e là.
    Dal resto non verrà nulla di buono.
    
    La conversazione langue.
    Sul suo modesto orologio
    il tempo è ancora incerto e costa poco.
    Sul mio è molto più caro ed esatto.
    Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
    e nessuna commozione.
    Solo quando sparisce
    e nella fretta dimentica la sciarpa -
    Una sciarpa di pura lana,
    a righe colorate,
    che nostra madre
    ha fatto per lei all’uncinetto.
    La conservo ancora.



" Su di te, se davvero già lo hai avuto, che segni ha lasciato questo incontro? "



L'inchiostro blu di Matt sopra il foglio a righe strappato, la scrittura poco precisa che le fa fatica decifrare ma solo all'inizio. Appoggia per sbaglio la tazza di caffè sul bordo. La rialza. Rimarrà l'alone. Labbro fra i denti. Incerte. Un foglio nuovo. Una nuova lettera. E potrebbe mentirgli ma non lo fa. Potrebbe metterci più cuore ma non lo sa. Scrive di getto. La paura di annoiarlo, quella, arriva dopo. Solo alla fine. Per quello saluta rapida e ci mette l'ironia per stemperare tutto il resto. Lo saluta. Buona gionata. Si. Forse lo ha annoiato. Forse gli insegnato. Forse si è solo raccontata e lui si è raccontato? Ci pensa. Labbro fra i denti. Forse si.

Scrivere lettere la fa sentire giovane.

lunedì 11 gennaio 2016

Lei è già lì, già gridando. Nessuno ha osato toccarla, nessuno ha osato dirle qualcosa. 
" Dove sei, per gli inferi di Ade? Dove sei?! Cosa... Cosa... Non ci riesci a scendere qui Madre? O la guerra di tua figlia ti annoia?! Cosa è che mi sfugge? "

Arrabbiata come nessuno, nemmeno Marcus l'ha mai vista. La mano chiusa a pugno che si abbatte contro uno dei grandi alberi del giardino. 


" Per il grande e potente Zeus! Dove è la vostra forza?! Se ci lasciate qui?! "

Ebbene si: li sta rimproverando, uno per uno. Si arroga quel diritto. Da brava Preside come se l'Olimpo non avesse fatto i compiti a casa.
" E' il VOSTRO MONDO! E lo state lasciando senza una guida! Senza forza! Non gli avete dato gli strumenti per una minaccia del genere! Non li hai dati a me! Per guidarli! Per condurli in questa battaglia! "

Ce l'ha con la Madre, con gli Dei ma soprattutto, Iris Carter questa sera, ce l'ha con sé stessa. Il respiro irregolare. Per quella furia che ha davvero molto di umano, nonostante tutto. Sta per dare un altro pugno che farebbe crollare l'albero quando Marcus l'afferra. 


" Ci hanno dato gli strumenti! Ci hanno dato te: guidaci! "

Le parole di Marcus le caricano di una responsabilità che non vuole, che non ha mai chiesto ma il suo sangue canta l'inno di una guerra che sta per arrivare. Il cuore un tamburo che annuncia la battaglia. La mente torna calma, lucida, un concatenarsi di pensieri tale che è inquietantemente distaccato. Osserva Cornelia. La Guerriera le da ordini, la Madre l'abbraccia e le dice che è fiera di lei. Perché come in ogni momento importante della sua vita, è divisa a metà come il suo sangue. 





Passa quelle poche ore con Zoe, con Marcus.
Passa quelle poche ore con i suoi affetti.
Non dirà addio a nessuno anche se una parte di lei le suggerisce che sarebbe il caso di farlo.

Questa notte la figlia di Athena condurrà una battaglia e farà di tutto pur di vincerla. Questa è la sua guerra e questo è il suo Mondo e quando avranno finito con Kur ed i suoi legionari capiranno di aver giurato fedeltà alla Divinità sbagliata.






sabato 2 gennaio 2016

Raramente si rivolge agli Dei, Iris Carter, perché non le piace chi si fa pregare. Non perché non sia convinta che, in un altro Mondo, in un'altra dimensioni, qualcuno la stia ad ascoltare.

Questa notte ha brindato al nuovo anno, ha brindato ai nuovi inizi.
Questa notte, con gli occhi aperti e vigili e che anche nel buio più cupo sono in grado di vedere, si costringe a tirare le somme di questo anno passato, come un'umana con un diverso senso del tempo farebbe.
Questa notte, consapevole di ciò che è passato e di quello che ancora deve venire, prega sua Madre.
L'unica debolezza che si concederà per tutto il 2024. O almeno, quello è il proposito per l'anno nuovo.


 Fa che io sia del mio tempo e non della mia età.
Che io non mi affezioni alle idee come un avaro al suo gruzzolo,
ma ne controlli frequentemente la validità,
e soprattutto ne assicuri costantemente la “convertibilità”.
Aiutami a non prendermi troppo sul serio.
A sorridere dei miei successi come dei miei fiaschi.
Fammi guardare con simpatia a ciò che fanno gli altri,
specialmente se tentano qualcosa di cui io non avevo mai pensato,
oppure si avventurano in territori dove io non mi sono mai arrischiato.
Che sappia comprendere più che giudicare.
Apprezzare più che condannare.
Incoraggiare più che diffidare.
Fa che resista alla tentazione di “racconatarmi”.
Fammi capire che è importante ciò che faccio oggi,
non ciò che ho fatto dieci anni fa.
E gli altri hanno diritto di avere da me ciò che sono,
non ciò che sono stato.

Impedisci che faccia l’abitudine a me stesso.
A quel me stesso solito che conosco anche troppo bene
e che ormai tendo ad accettare o sopportare come si
accetta o sopporta un vecchio conoscente.
Devo “sorprendermi”.
Devo obligarmi ogni giorno, a riconoscermi nuovo,
diverso, inedito.
Devo impararmi “sconosciuto”.
Devo accettarmi “altro”.
Devo esplorarmi al di là dei confini abituali.
Devo accogliermi inaspettato.
Devo frequentarmi insolito.(*)






 Fa che io abbia sempre occhi per vedere nell'Oscurità
Aperti a controllare tutto il Mondo nel quale mi hai mandato
perché... se non posso proteggerlo, che senso ha?










* : Alessandro Pronzato